Si discute molto in questi giorni dei ragazzi di Manduria che hanno assassinato “per gioco” un pensionato di sessantasei anni disabile, riprendendo con i loro smart-phone tutte gli sberleffi e le torture che gli infliggevano da mesi. Mass media e commentatori si sono esibiti nelle solite analisi sociologiche da dopocena televisivo e la madre di uno degli assassini è riuscita a dare il peggio di sé stessa, commentando che, in un posto che non offre altri svaghi che i bar, cos’altro ci si poteva aspettare dal figlio?
C’è chi ha osservato che video giochi e virtualità abituano i nostri ragazzi a una violenza iperrealistica, portandoli a confondere realtà e fantasia, e c’è chi ha accusato famiglia e scuola di non sapere più educare. Tutte considerazioni che credo già venissero fatte dai londinesi dopo la prima del Romeo and Juliet. Alcuni avranno accusato Shakespeare di incitare alla delinquenza giovanile; altri avranno considerato che l’istituzione familiare stava andando a rotoli dopo che Enrico VIII si era messo con quella poco di buono di Anna Bolena. Le uniche cose sensate in tutta questa storia sembra averle dette il procuratore della repubblica, che – senza tanti giri di parole - ha seccamente chiamato “aguzzini” e “criminali inumani”, i ragazzi colpevoli di questo omicidio.
In realtà, non c’è nulla di strano in ciò che hanno fatto questi assassini. Tutti gli esseri umani hanno la capacità, e non di rado lo dimostrano, di fare anche di peggio. Gli esseri umani nascono omicidi. Karl Kraus – senza sbagliarsi troppo – notava che la civiltà umana assomiglia da sempre agli ultimi secoli dell’Impero Romano: vive con i barbari ai confini, questi barbari sono le nuove generazioni che premono alle porte. Come faceva l’Impero, anche noi cerchiamo di educare i “nostri” barbari, di romanizzarli prima che ci invadano: insegniamo loro i principi della morale, le regole dell’educazione, li alleviamo in buone famiglie, li mandiamo a scuola. Eppure, è sempre più difficile resistere alle ondate subentranti di violenza, ignoranza e inciviltà che ogni nuova generazione riversa sulle precedenti. La violenza giovanile è indice di degrado sociale non soltanto perché è favorita dall’assenza o insufficienza di strutture educative ma perché, più in generale, dimostra l’incapacità di una intera cultura di “civilizzare” le nuove generazioni. È anche questa una delle ragioni per cui in tanti paesi occidentali, compresa l’Italia, la natalità decresce.
Si parla tanto di “pedofilia” ma mai di “pedofobia”, che è invece il vero problema con cui la gran parte di noi dovrebbe oggi fare i conti.